giovedì 18 ottobre 2012

Il Telegrafo del 17 luglio 1938 - Ricordo nostalgico della propria citta' sotto lo stellato cielo d'Africa


                                                                
                                                                              
Dalle rive del lago Tana, luglio

E' quasi notte quando, nei pressi di Mai Dabar, la colonna si appresta a guadare un torrente. Le acque sono abbastanza gonfie, ma niente di preoccupante: gli uomini, qualora qualche macchina non la facesse, sapranno ben farla da trattori: "Sotto!"
Traballando, un "34" affronta le acque; sbotta, sembra annaspare nel fango, oscilla un po' in qua, ma la spunta.
"Sotto un altro! Sotto!". E via un altro. bene o male passa; poi un altro, un altro, un altro ancora...improvviso un boato lontano annunzia la piena. Le acque ingrossano a vista d'occhio, mentre il rumore, come un tuono continuo, si avvicina sempre piu'.
Una macchina e' ferma nel guado. "Coraggio ragazzi! Tiriamola fuori!". Cento braccia si protendono, a diecine i corpi si tuffano nl torrente...uno strappo, una spinta e l'autocarro e' salvo. La piena giunge impetuosa, travolgente, paurosa. Il letto del corso d'acqua, misurante tre o quattro metri un'ora fa, e' ora quello di un fiume, di un grande fiume.
E questo serpente liquido che striscia ratto sul terreno ha tagliato in due la colonna. I viveri, i pochi viveri - una sola giornata di scorta - sono in coda e una buona meta' degli uomini sono in testa.
Ma il legionario non si spaventa: una pattuglia di volontari affronta la furia del torrente e lottando con la tempesta raggiunge l'altra sponda; si carica dei sacchi e via nuovamente contro la piena in aumento. Il pane giunge in porto, anche se un po' bagnato.
Ma chi guarda in certi momenti, mentre il fango sembra voler incollare gli uomini al suolo, mentre la pioggia pare voler tutto sommergere, ad una pagnotta umida?
Si mangia in allegria e si provvede al giaciglio per la notte. Gli uni sulle macchine, gli altri sotto, avvolti nel telo tenda, tutti trovano da accomodarsi e si addormentano in fretta. Solo le sentinelle, ombre gocciolanti, restano a vegliare il sonno di tutti e a godersi il concerto notturno delle raganelle.
Al mattino il lavoro riprende intenso. La corrente ha spazzato il guado: occorre costruire la nuova passerella. Gli ufficiali peer primi danno l'esempio, impugnando gli attrezzi o tuffandosi nell'acqua. I militi, con entusiasmo, assecondano i capi. Si lavoro sotto il sole, prima, sotto l'acqua, poi. Pietra su pietra, trave accosto a trave il ponte sta sorgendo, perche' cosi' vuole la volonta' del Battaglione.
A mezzogiorno distribuzione di un quarto di pagnotta a testa. L'ultima!
D'ora in avanti e' la fame che si allea con gli elementi. ma nessun nemico potra' spuntarla contro la massa dei giovani che hanno energie da vendere.
Quarantotto ore di fatica. Due intere giornate di sacrifici senza nome, ma infine il ponte e' costruito: "Si prosegue per Ifag!"
"Non si puo'!" La notizia la portano gli ascari di uno squadrone di cavalleria. "Occorre tornare indietro perche' i guadi avanti alla colonna sono insuperabili".
Per un attimo lo sconforto sembra vincere su tutti gli altri sentimenti. Non si puo' procedere, perche' e' impossibile, non si puo' restare, perche' siamo da due giorni senza viveri; non si puo' retrocedere senza ordini...
Ma e' il Maggiore, il buon babbo del battaglione, che risolve la critica situazione. A piedi, in compagnia di un ufficiale, e pochi militi, parte per Gondar. A piedi. Sotto l'acqua e in mezzo al fango. La truppa e' commossa dal gesto del comandante, tutti vorrebbero seguirlo, ma non si puo' abbandonare la colonna.
L'attesa e' lunga: ventiquattro e piu' ore. Finalmente ecco di ritorno il comandante! E con lui sono tre macchine cariche di ogni bene di Dio: viveri, liquori, vino e acqua potabile. Perche', scherzo della sorte, in mezzo a tanta alluvione, era per oltre tre giorni mancato non solo il pane, ma anche l'acqua.
Poche ore per mettere definitivamente a posto la cinghia dei pantaloni, per dissetarci e per gustare una ottima sigaretta - quanto desiderata - e poi via: ancora in marcia!
Non si torna indietro, si prosegue egualmente per il Goggiam. Soltanto, anziche' raggiungere Ifag, raggiungeremo Gorgora' e anziche' guadare il Nilo, attraverseremo il Tana. Tanto meglio.
Ma occorre uscire dalla piana, necessita nuovamente attaccarsi ai canapi e spingere a forza di braccia: "Coraggio! Date sotto Camicie Nere!".
E si riprende la fatica. Per ore e ore, per una giornata intera; tra il fango, sotto la pioggia scosciante. Ma ancora una volta piovana ha la peggio sul sudore della fronte.




                                                   Collezione privata famiglia Giachetti                               
                                           dal sito "XCVII Legione"



Riflessi sul Tana

Breve sosta ad Azozo'; rivestimenti a nuovo (povere le nostre vecchie divise rose dal fango e lacerate dagli sterpi!), bagno ristoratore in un torrente, questa volta amico, messa a punto delle macchine e via veloci sulla strada del Porto del Tana.
E' quasi notte quando Gorgora' saluta il Battaglione che giunge. Ovunque e' aria di festa; sventolano le bandiere e, tra gli alberi, si partono festoni e strisce multicolori; e' attesa per domani la visita di S.E. Teruzzi e la citta' ha inalberato il gran pavese.
Ma i legionari sentono che la festa e' anche loro, che tutti quei vessilli e quei drappi sono la' un po' anche per essi. Per essi che con dedizione e sacrificio hanno lavorato, lottato e vinto meritandosi il premio dei forti: un'ora, quest'ora di festa italica.
E domani l'Eroico Ministro, legionario d'Africa e di Spagna, vecchio Capo della Milizia, non ce ne vorra' se per un istante abbiamo fatto nostro l'addobbo per Lui approntato. e sorridera' ai suoi militi. Sorridera' alla "Valanga", come in questo momento il legionario sorride alla bandierine svolazzanti, alla bellezza di Gorgora' e alle acque del Tana.
Sorride alle bandierine, simboli della fede e dell'amore che tutti avvince; sorride a Gorgora', vedendo nella citta' una viva impronta della potenza costruttrice del Fascismo; e sorride infine alle acque del Tana, che, inargentate dalla luna, hanno riflessi fantastici di sogno.
Basta essere un po' sognatori - e chi non lo e' in una magnifica serata e in riva al piu' bel lago del mondo? - per veder profilarsi nelle acque cose e figure note. E serve socchiudere un po' gli occhi per sognare...per vedere le leggere onde prender forma, per scorgere tra lo spumeggiare d'argento volti amati, corpi desiderati, labbra che sorridono, braccia che si stendono...
E quando la tromba, dal campo, suona la "ritirata", quando, avvinto dal segnale militare, la cornetta fa udire lo squillo di riconoscimento del Battaglione, quando insomma le prime note della "Marcia del Palio" echeggiano gioconde sotto la volta stellata, allora il sogno prende un carattere nuovo. Le acque che spumeggiano contro gli scogli ripetono il rullar dei tamburi, il lago ondeggiante e' tutta una grande bandiera spiegata alla brezza del vento. Una immensa bandiera che ne comprende tutte, tutta costellata da puntine d'oro e fremente come se agitata da un forte pungo d'alfiere.
E la', al largo, gli scogli e gli isolotti prendono forme inusitate e si riflettono nelle acque creando ombre di palazzi merlati, di guglie marmoree e di una torre alta, tanto alta, tanto vicina al cielo quanto i nostri cuori avvinti dal sogno che incanta.

Dino Corsi


                                                                       


http://www.97legione.siena.it/

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